venerdì 12 novembre 2010

Recensione film Predators


Predators
Di Nimròd Antal (2010)

Il primo Predator, uscito nel 1987, è uno dei film che hanno fatto la storia della fantascienza: trama semplice, ma avvincente e piena di azione, ottima ambientazione, colpi di scena, un antagonista che è diventato un’icona e uno Schwarzenegger nella forma migliore. Insomma, tutti i presupposti per una pietra miliare del cinema. Il successivo Predator 2 non fu certamente all’altezza, e su gli altri due pseudo sequel, Alien vs Predator, è meglio stendere un velo pietoso, nonostante gli interessanti spunti iniziali. Ci voleva la genialità di Robert Rodriguez, qui in veste di produttore e capo sceneggiatore, per riportare la saga agli antichi fasti e dare ai fan un seguito degno di questo nome. La “s” finale del titolo riprende quella usata da James Cameron nel suo Aliens, e, come quest’ultimo, Predators rende pienamente onore al suo illustre predecessore.

La vicenda si apre con il protagonista Royce (Adrien Brody), mercenario di lungo corso, in caduta libera sopra ad una giungla. Completamente spaesato e senza nessuna idea di come sia finito lì, una volta a terra farà la conoscenza di altri nella sua stessa situazione: Cuchillo (Danny Trejo), narcotrafficante messicano, Nikolay, spetsnatz russo di stanza in Cecenia e Isabelle(Alice Braga), cecchino israeliano. Al gruppo si uniscono Mombasa, guerrigliero della Sierra Leone, Stan, un condannato a morte, Hanzo, killer della Yakuza e il medico Edwin, l’unico che sembra fuori posto in una compagnia di personaggi “che picchiano duro”.

Nessuno sa effettivamente cosa gli sia capitato o perché e, alla ricerca di una risposta, i nostri si avventurano nella giungla, solo per scoprire di essere stati paracadutati su un pianeta alieno. Il gruppo, dopo aver vagato per ore, viene attaccato da tre Predator e riesce a fuggire per miracolo, perdendo però Cuchillo e Mombasa. E già due minoranze etniche ci hanno lasciato.

Poco dopo incontrano Noland (Laurence Fishburne), marine delle forze speciali, unico sopravvissuto sul pianeta, che spiega loro il motivo per cui sono stati portati lì: gli alieni usano quel mondo come riserva di caccia e ci portano le specie più pericolose perché gli facciano da preda. Sarà una lotta senza quartiere per la sopravvivenza, uomo contro Predator, per poter raggiungere l’astronave con cui sono arrivati e ritornare sulla Terra. Ma solo i più duri e tosti riusciranno a farcela, i non bianchi caucasici e soprattutto non americani sono avvisati.

Questo film sembra quasi più un remake del primo Predator, che un sequel vero e proprio. Molte scene sono richiami delle sequenze cult del predecessore, vedi la battaglia all’arma bianca fra Hanzo e un alieno o lo scontro finale tra Royce e il capo Predator. I personaggi stessi ricalcano molto il commando guidato da Schwarzenegger, e anche Adrien Brody, nonostante il suo lato più muscoloso sia il naso, fa la sua degna figura. La pellicola dell’87 è citata direttamente nel racconto di Isabelle come un fatto accaduto anni prima e ovviamente non poteva mancare la mitragliatrice a canne rotanti Vulcan, vero must della serie. Tutti queste piccole chicche faranno la felicità dei fan di vecchia data, come sa bene Rodriguez, anche lui ammiratore da sempre.

La trama procede in un crescendo di azione e adrenalina, dal calmo inizio dove ci vengono presentati i vari personaggi, tutti egregiamente caratterizzati, fino al finale col botto. Le sequenze parlate sono ben bilanciate da quelle di combattimento, che non scadono mai nel sanguinolento eccessivo o nel trash. Ottimamente curati sono anche gli effetti speciali, in particolare i costumi dei Predator, qui più che mai particolari e accattivanti.

In sostanza, se Rodriguez con la “s” finale voleva creare un sequel valido, ricalcando quell’Aliens considerato da molti addirittura migliore del suo predecessore, ha certamente centrato l’obbiettivo; finalmente, dopo 23 anni di attesa, ai patiti della saga viene regalato un seguito veramente all’altezza. Chi si avvicinasse per la prima volta a questo universo (vergogna!), si potrà godere un film fantascientifico di buonissima fattura, con echi di altri tempi e distante dalla banalità di molte pellicole di questo genere.

Voto: 8/10
Voto Trash: 4/10

giovedì 11 novembre 2010

Recensione film The Road


The Road
Di John Hillcoat (2009)

Mi hanno sempre affascinato i film post apocalittici: la civiltà come la conosciamo viene distrutta o totalmente sconvolta da un qualsivoglia cataclisma o guerra nucleare, e tutto deve ricominciare. Il problema di questo genere di pellicole è la tendenza di molti sceneggiatori a voler strafare, creando scenari poco credibili o storie troppo assurde. La filmografia moderna pullula di esempi: dal filone catastrofista, con la solita minaccia più o meno naturale (Armageddon, The Core, 2012 etc), a quello più propriamente post apocalittico (Waterwold, Indipendence Day, Il regno del fuoco…), solo per citarne alcuni. Naturalmente anche questo genere può sfornare degli ottimi film: The Road è uno di questi.

Tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy, il racconto narra la storia di un padre (Viggo Mortensen) e del suo giovane figlio (Kodi Smith - McPhee), sopravvissuti a una misteriosa catastrofe. Durante tutta la vicenda non sapremo mai il nome dei protagonisti, né cosa realmente ha sconvolto il mondo: ci viene solamente rivelato che il disastro ha spazzato via ogni essere vivente, a parte l’uomo, e il pianeta sta lentamente morendo. I due protagonisti, stremati dal freddo e dalla fame, stanno tentando di raggiungere la costa, nella speranza di trovare un clima e condizioni di vita migliori.

Non c’è nessun nemico ben definito, niente minacce esterne da combattere, ma solo l’umanità stessa, costretta dalla mancanza di generi alimentari, a darsi al cannibalismo. Il padre ripete in continuazione al figlio che loro sono i “buoni”, coloro che portano la “fiamma”, l’ultima scintilla di dignità umana. Tramite alcuni flashback, vedremo come il figlio sia nato a catastrofe già avvenuta e la madre, sconvolta e terrorizzata dal farlo crescere in una realtà così brutale, abbia deciso di suicidarsi. Durante l’estenuante viaggio nello scenario desolato, i due incontreranno bande di razziatori, alla ricerca di persone da mangiare, ma anche un vecchio, desideroso di parlare con un altro essere umano prima di morire. Il padre, colpito da una malattia polmonare causata dalle condizioni di vita disumane, userà le poche forze rimastegli per raggiungere la costa e dare una speranza al suo bambino.

Le figure del padre e del figlio sono complementari: il primo, deciso a proteggere ad ogni costo quello che considera ormai Dio e, per questo, paranoico fino all’esasperazione e diffidente verso chiunque; il secondo rappresenta l’altruismo e la speranza nell’umanità, e più di una volta convincerà il padre a riflettere e a fidarsi ancora della gente, per non spegnere completamente la “fiamma”. Sullo sfondo domina un panorama grigio e deserto, sotto ad un cielo cinereo, dove tutte le piante sono ormai rinsecchite e morenti.

Non c’è speranza in questa pellicola: padre e figlio vogliono raggiungere il mare, ma non sanno cosa effettivamente troveranno o se effettivamente le condizioni saranno migliori. L’unica cosa che li fa andare avanti è la volontà di mantenere vivo l’ultimo barlume di umanità, per non regredire al livello bestiale a cui i pochi sopravvissuti rimasti sono giunti. Basti pensare all’angosciante episodio in cui i protagonisti si trovano all’interno di una casa isolata, nella cui cantina i proprietari tengono segregate altre persone come riserva di cibo.

Questo film, pur incentrandosi quasi interamente su due soli attori, con pochi dialoghi e lunghe sequenze introspettive, vi coinvolgerà in maniera magistrale: tutta la pellicola è pervasa da un forte senso di malinconia e scoramento e quando padre e figlio riusciranno a trovare un attimo di pace o qualcosa da mangiare, vi sentirete sollevati anche voi. Non mancano, però, le scene angoscianti e piene di tensione, in cui l’ansia non vi abbandonerà fino alla certezza che i protagonisti siano al sicuro. Questa identificazione nella storia è garantita dall’ottima prova di recitazione dei due protagonisti, che trasmettono in maniera superba ogni sensazione. Il senso di tristezza e pessimismo deriva anche dalle bellissime scenografie: ogni paesaggio è freddo e senza vita, dominano il grigio e i colori spenti, creando un’atmosfera di cupezza perfetta.

The Road è una pellicola di ottima fattura, girata ad arte in ogni sua penetrante sequenza, che vi appassionerà e coinvolgerà con un’intensità vista raramente su uno schermo cinematografico. Consigliato nella maniera più assoluta.

Voto: 9/10
Voto Trash: 0/10

martedì 9 novembre 2010

Recensione film The Twilight Saga: New Moon


The Twilight Saga: New Moon
Di Chris Weitz (2009)

La saga di Twilight, sia in versione romanzo che in quella cinematografica, conta milioni di appassionati in tutto il mondo ed è ormai diventata un fenomeno di culto. Incuriosito da tutta questa attenzione mediatica, ho deciso di toccare con mano come fosse realmente questa tanto osannata serie. Dopo un breve riassunto della prima pellicola, mi sono gettato, sempre coadiuvato dai miei fedeli compari cinefili, nella visione. La conclusione, dopo due ore e rotte di film, è che, se questo è un grande romanzo dei tempi moderni, allora la civiltà umana si trova sull’orlo del baratro.

I protagonisti della storia sono la introversa liceale Bella Swan (Kristen Stewart), perdutamente innamorata del vampiro Edward (Robert Pattinson) e il terzo incomodo Jacob (Taylor Lautner), amico indiano di lei, che segretamente vorrebbe provarci, ma non ha il coraggio in quanto sfigato della situazione. Il film si apre con il diciottesimo compleanno di Bella, che già si sente una vecchia; per stare per sempre a fianco del suo innamorato (e finalmente trombarselo) vorrebbe a tutti i costi diventare vampiro. Edward, però, non è dello stesso avviso, non volendo dannare l’anima di lei ma, soprattutto, condannandosi a stare con la stessa donna per l’eternità, il che è piacevole fino ad un certo punto.

Alla festa di compleanno a casa vampiro, Bella si taglia con la carta da pacchi e, alla vista del sangue, uno dei convenuti sbrocca alla vista del sangue. Edward, dopo l’episodio, decide di lasciare il suo amore, per non metterla in pericolo, con grande disappunto di lei, che se prima era un’asociale, ora regredisce alle funzioni vitali di un protozoo. Bella, disperata per la perdita del suo tesoro, scopre di avere delle visioni di Edward ogniqualvolta rischia la vita e, perciò, decide di cacciarsi nelle situazioni più assurde solo per farsi fare una ramanzina (“Bella, prima di attraversare la strada guarda a destra, poi a sinistra e poi di nuovo a destra” etc). Decisa a farsi del male a tutti i costi Bella ingaggia l’amico Jacob per riparare una moto e poi schiantarsi, tutto ovviamente a gratis, per l’antica legge del “tira più un pelo di…”.

Il ragazzo si innamora perdutamente della sua schiavista, che lo usa come zerbino per alleviare la pena per la scomparsa di Edward. Si scopre poi che il buon Jacob è un licantropo, a causa di un gene della sua tribù, e ciò lo autorizza a girare a petto nudo giorno e notte, nonostante siamo alla frontiera col Canada. Bella, proprio quando sta per mollarla al nostro lupetto, viene informata che il suo innamorato non può vivere senza di lei. Per questo vuole farsi uccidere dai Volturi, i vampiri anziani che abitano dentro il palazzo del comune di Volterra… Sì, Volterra in provincia di Pisa… La ragazza pianta in asso senza problemi Jacob, giustamente un tantino scocciato dal tutto, e parte senza indugio per l’Italia. Riuscirà a ritornare nelle braccia del suo emaciato amore? Considerato che sono in produzione altri tre film, credo che la risposta sia abbastanza scontata.

Questa saga, oltre ad avere una trama degna del peggior romanzo Harmony, stravolge completamente tutti i crismi di due mostri sacri (scusate il gioco di parole) della cultura horror. I vampiri una volta non potevano uscire alla luce del sole, pena la carbonizzazione? Qui semplicemente emetteranno delle lucette da tutto il corpo, fra le risate di tutti i presenti. Il lupo mannaro di solito si trasformava in una bestia assetata di sangue solo quando c’era la luna piena? Sbagliato, può trasformarsi in un lupo gigante anche se è mezzogiorno, mantenendo al contempo tutto il suo savoir faire.

Nei 130 minuti di pellicola, ogni cosa procede con una lentezza imbarazzante e i momenti in cui vi risveglierete
dal coma si contano sulle dita di una mano. La maggioranza delle scene è ad uso e consumo del pubblico di adolescenti arrapate, con la mostra continua dei pettorali scolpiti e glabri dei due protagonisti maschili, seminudi anche nei momenti più assurdi. La recitazione è quanto di più finto e innaturale si sia mai visto: le espressioni dei personaggi sono rigidissime e ogni movimento è una posa da catalogo di moda. Particolarmente irritante è l’attrice che impersona Bella, con la stessa smorfia fra lo schifato e lo stupito, per tutta la durata del film.

Non si spiega come possa avere tutto questo successo una pellicola così banale e artificiosa, classificandola addirittura come una grande saga. In sostanza, un film forse adatto a qualche liceale con la passione per il dark (non se la prendano le liceali dark), a patto che, una volta cresciute, si bruci il dvd.

Voto: 4/10
Voto Trash: 6/10

sabato 6 novembre 2010

Recensione film Benvenuti a Zombieland


Benvenuti a Zombieland
Di Ruben Fleischer (2009)

Vi è mai capitato di infuriarvi coi personaggi di un film horror? Il classico “aprire la porta che non doveva essere assolutamente aperta” oppure sparare al mostro di turno, senza controllare che sia effettivamente morto, per poi ritrovarselo alle spalle? Errori in cui, nella maggior parte dei casi, il semplice buon senso non ci farebbe mai cadere. Eppure nella filmografia recente, quella hollywoodiana in particolare, situazioni o comportamenti totalmente assurdi si ripresentano senza soluzione di continuità. Bene, questo Benvenuti a Zombieland risolve finalmente l’annosa questione della stupidità cronica da pellicola dell’orrore.

Il protagonista, Columbus (Jesse Eisenberg), è un ragazzino del college come tanti, sfigato con le ragazze, asociale e completamente nerd. Niente di più distante dal clichè dell’eroe medio da film americano. Ciononostante, con dei piccoli accorgimenti quali “sparare sempre due volte”, “controllare il sedile posteriore” e soprattutto “NON fare l’eroe”, il nostro amico se la cava molto meglio di qualunque belloccio tutto muscoli. Gli Stati Uniti sono diventati ormai Zombieland, a causa di una mutazione del virus della mucca pazza, e la maggior parte della gente vaga per le strade bramosa di carne umana. Columbus, di cui non sapremo mai il vero nome, sta tentando di raggiungere la sua città natale, Columbus in Ohio. Lungo la strada, visto che una delle sue regole recita “trovati un compagno tosto”, il ragazzo incontra uno dei personaggi più divertenti e meglio riusciti della storia del cinema: Tallahassee (Woody Harrelson, il Mickey di Natural Born Killers). Costui è alla disperata ricerca di una merendina Twinkie, e, nel frattempo, si diletta a massacrare non – morti nelle maniere più creative possibili.

La strana coppia si imbatte in due sorelle, Wichita e Little Rock, una della quali è stata morsa da uno zombie, e, per questo decisa a uccidersi. I due danno loro un fucile per permetterle di farla finita, ma scoprono, loro malgrado, di essere stati fregati per bene, in quanto nessuna delle furbe sorelline è stata infettata. Derubati di macchina e armi, Columbus e Tallahassee si dirigono mestamente alla città più vicina, ma fortuna vuole che trovino un Hummer, di proprietà di un deceduto “texano cafone”, ovviamente stracolmo di fucili  Rimessisi in cammino, i due incontreranno nuovamente le due ladre, solo per farsi infinocchiare un’altra volta. Il mal assortito quartetto, dopo un diverbio non proprio pacifico, deciderà di partire alla volta del parco divertimenti di Pacific Playland, a Los Angeles in California, dove sembra non ci siano zombie. Ma molte sorprese aspettano i nostri eroi nella città delle star, non ultima l’apparizione di Bill Murray in veste non – morta.

Benvenuti a Zombieland è una pellicola divertentissima e dagli spunti originali: la storia ricalca leggermente il copione di tanti altri film zombieschi, ma i quattro protagonisti, le uniche persone vive durante tutta la storia, si comportano come chiunque farebbe in una situazione del genere. Non vedrete nessun “Oddio, hai sentito quel rumore? Corriamo a vedere!” solo per gettarsi nelle fauci del mostro di turno, nessuna azione eroica completamente priva di logica. Un esempio: prima di entrare in un posto chiuso, è meglio fare rumore per attirare eventuali zombie all’esterno o infilarcisi a capofitto senza la minima strategia?

Oltre a queste intelligenti trovate, la trama scorre ottimamente per tutti gli 80 minuti di film, intervallata da continue battute e sketch esilaranti, ma non lesinando sulle sequenze più propriamente horror. La parte del leone la fa, naturalmente, il duro Tallahassee, una inesauribile fonte di genialità e frasi che sono delle vere perle di tostaggine. Dopo questo film, vi ritroverete a rispondere al primo che avrà da ridire: “Vuoi provare la potenza del mio pugno?”.

L’unico rammarico è che un grande film come questo sia stato pubblicizzato pochissimo nel nostro paese, a scapito di pellicole magari più note, ma tecnicamente di livello inferiore. Insomma, invece di farvi bidonare dall’ennesima trama trita e ritrita, guardate senza indugio Benvenuti a Zombieland, un vero e proprio capolavoro filmico in miniatura. Oppure volete provare la potenza del mio pugno?

Voto: 9/10
Voto Trash: 7/10

lunedì 1 novembre 2010

Recensione fumetti Superman/Batman: Nemici pubblici


Superman/Batman: Nemici pubblici
Jeph Loeb – Ed McGuinness
Planeta DeAgostini – 2009
150 pagine a colori - 15,95 €

Superman e Batman sono due fra i supereroi più famosi al mondo, nonché membri della cosiddetta “trinità DC”, a cui si deve aggiungere Wonder Woman. Nella realtà cartacea Bruce Wayne e Clark Kent sono grandi amici e compagni di mille battaglie, combattute sempre fianco a fianco. I loro caratteri, come i loro metodi, sono accomunati, però, solo dal senso innato di giustizia: l’Uomo d’Acciaio solare e campione pubblico dei valori e dello stile di vita americano; ombroso e cupo, crociato della pace portata con la paura, per quanto riguarda il protettore di Gotham City. Uno dei perni centrali di questo fumetto è, appunto, questa dualità.

La storia ruota attorno ad un meteorite fatto interamente di kryptonite in rotta di collisione con la Terra; Lex Luthor, presidente degli Stati Uniti, nonché arcinemico di Superman, addita l’alter ego di Clark Kent come responsabile e come ricompensa per la sua cattura viene emessa un taglia di un miliardo di dollari. Solo il Cavaliere Oscuro si schiera a fianco dell’eterno amico e toccherà ai “migliori del mondo” fermare la follia del presidente Luthor, che manderà loro contro quasi ogni superumano, criminale o meno, della Terra. Meraviglioso lo scontro speculare fra Sperman/Batman e Capitan Marvel/Hawkman, che non potrà che entusiasmare tutti i fan.

Jeph Loeb racconta una storia dai tratti molto semplici, ma al tempo stesso coinvolgente e piena di azione. La narrazione procede a ritmo serrato e non perde mai mordente; gli scontri sono frequentissimi e, come nella sua tradizione, l’autore riesce ad inserire un numero impressionante di personaggi, senza che la trama ne risenta, anzi dandole maggiore profondità. Oltre alla vicenda principale, grande risalto è dato dal confronto fra le personalità dei protagonisti, due facce della stessa medaglia. Sin dall’inizio delle loro vite, ci viene mostrata la profonda differenza che separa Batman dall’Uomo del Domani: un campione di giustizia, venuto dalla semplicità delle distese di grano del Kansas e un cavaliere oscuro nato da un’adolescenza finita con la perdita dei genitori assassinati. Durante tutta la narrazione, Loeb riporta i pensieri di uno e dell’altro, per meglio farci comprendere quanto siano distanti le due mentalità, ma, al tempo stesso, quanto grande sia l’amicizia e la stima reciproca che entrambi nutrono.

I disegni di Ed McGuinness sono estremamente curati e spettacolari, con splash page di grande effetto. Il tratto personale dell’artista, molto cartoonesco e colorato, è ,in questo fumetto, ai massimi livelli e ben si adatta alla semplicità classica della trama. Forse il disegno luminoso e ipertrofico di McGuinness esalta maggiormente Superman, qui tratteggiato quasi alla perfezione, piuttosto che l’ombroso Uomo Pipistrello, ma ciononostante i sostenitori di Batman non rimarranno certo delusi.

In sostanza, Nemici Pubblici è un fumetto di ottima fattura, scritto e disegnato in maniera eccelsa. Agli affezionati di vecchia data, e non solo, non potrà che piacere e anche chi si avvicina per la prima volta a questo universo, si troverà davanti a una storia divertente e appassionante. Un acquisto consigliatissimo.

Voto: 8/10