lunedì 1 novembre 2010

Recensione Scusa ma ti voglio sposare


Scusa ma ti voglio sposare
Di Federico Moccia (2010)

Siccome a guardare troppi film profondi si diventa seri, e dato che il precedente capitolo della saga mocciana ci aveva fatto un sacco divertire, fatto trenta, abbiamo deciso di fare trentuno. Dopo attenta visione del suddetto film (si badi bene che il termine “film” è usato come eufemismo), la conclusione è che dare un limite alle bestialità che la mente di Federico Moccia può partorire è uno sforzo vano.

La storia riprende esattamente da dove era finito il primo film: Alex e Niki, felicemente innamorati, nonostante lui possa farle da padre, comprano casa (o meglio lui compra, dato che lei ha appena iniziato l’università), che viene arredata da Niki nel modo più kitsch possibile. Sono presenti tutti gli altri personaggi che avevamo conosciuto: le O.N.D.E., amiche di lei, e la combriccola di quarantenni in crisi di mezza età, compari di lui. Delle prime, Olly ha iniziato a lavorare in una casa di moda, anche se è uscita dal liceo da una decina di minuti, Erika si è lasciata col ragazzo e perciò la dà come non fosse la sua e Diletta si ritrova incinta. Anche agli amici di Alex non va tutto rose e fiori: sono stati lasciati tutti dalle rispettive mogli, chi perché cornificava a destra e a manca, chi per il fatto che la maggiore attività sessuale fosse grattarsi il naso.

Pure la coppia dei protagonisti ha qualche attrito, ma nulla che un viaggio in una Parigi più stereotipata che mai non possa risolvere. Qui, a brodo di un barcone sulla Senna, il nostro Raul chiede alla sua adolescente compagna di sposarlo, tramite un neon appeso ad un ponte. Fervono quindi i preparativi per il matrimonio, costellati dai festini a base di coca e mignotte, per sentirsi ancora ragazzi, e i probbbblemi dei ggggggiovani del resto del cast. Arriva il momento di far conoscere i rispettivi genitori, nella residenza estiva della famiglia di Alex, formata da nobilastri con la puzza sotto il naso e ricchi da fare schifo. La casetta è in questione è un vero e proprio CASTELLO, con tanto di servitù filippina e tenuta per la caccia al cinghiale. I genitori di Niki sono mal visti, in quanto appartenenti al volgo e per il loro passato da punk (che viene rappresentato in maniera ignobile in un flashback). La crisi prematrimoniale è imminente, visto anche l’interessamento per Niki di uno studentello della Sapienza, che, solo per il fatto di frequentare Lettere, è autorizzato a conciarsi come un dandy di quart’ordine. La povera ragazza viene portata alla nevrosi e al litigio con le amiche di sempre dalle sorelle di Alex, che la ossessionano con i mille preparativi per un matrimonio aristocratico. Lui in tutto questo è oberato di lavoro ed è completamente indifferente ai probbbbbblemi di lei, perciò il rapporto si interrompe.

Niki si lancia nelle braccia dell’Oscar Wilde de noantri, che la invita ad andare a Ibiza, per andare a scoprire la libbbbbertà in un posto poco commerciale. Alex si unisce alla combriccola degli “uomini che si sentono ancora giovani”, solo per scoprire di avere dei cerebrolesi come amici. Tutto andrà, però, a finire per il meglio per ogni personaggio della pellicola, in primis i due protagonisti, che finiranno all’altare per la gioia di tutti e dell’ovvietà.

Se Scusa ma ti chiamo amore è un pessimo film, questo seguito riesce persino a battere il precedente primato di bruttezza. Lo stile di vita idilliaco, e completamente fasullo, creato da Moccia, si ripropone qui all’ennesima potenza: liceali che trovano impieghi milionari appena uscite da scuola (in barba al precariato di massa), giovani donne incinte, il cui unico problema è se il proprio compagno potrà giocare a pallone dopo il parto, e ovviamente un tenore di vita faraonico, dove si lavora dieci minuti al giorno per guadagnare vagonate di soldi. La pubblicità spudorata a prodotti di ogni genere, viene qui ripresentata senza alcun pudore, tanto che certe sequenze sembrano più una televendita di mobili che immagini di un film; emblematica in questo senso è la scena del “pasta party”, altra trovata mocciana, in cui semplicemente si mangia pastasciutta condita in modi diversi, ma tutti rigorosamente con sughi pronti Barilla a favore di camera. La recitazione raggiunge nuovi picchi di inettitudine, in primis con il belloccio “alternativo” che tenta di circuire Niki, orribile nell’interpretazione quanto nel taglio di capelli.

Insomma, se il primo capitolo di questa scandalosa serie vi aveva fatto perlomeno ridere, in questo probabilmente riuscirete solo ad abbozzare un sorriso, in quanto vi trovate di fronte ad un prodotto che definire di bassa lega è una valutazione molto ottimistica. “Quando tocchi il fondo, allora comincia a scavare” recita un vecchio adagio; sembra che il buon Federico ne abbia fatto un motivo di vita.

Voto: 3/10
Voto Trash 7/10

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