lunedì 25 ottobre 2010

Recensione film The Expendables - I mercenari

The expendables - I mercenari
Di Sylvester Stallone (2010)

Le premesse sono queste: film scritto, diretto e interpretato da nientepopodimenoche Sylvester Stallone, cast di prim’ordine fra cui Jet Li, Mickey Rourke, Dolph Lundgren, Bruce Willis e per la prima volta insieme The Governetor Arnold Schwarzenegger. Per un patito del action/trash/macho movie come il vostro umile sottoscritto, tutto ciò rappresenta quasi il godimento massimo. Ma per non ricevere una sonora delusione è sempre meglio partire prevenuti, anche vista l’ormai veneranda età della maggior parte degli attori. Ma dopo 100 minuti di esplosioni, sangue e frasi toste di ogni tipo vi posso assicurare che ci troviamo davanti a un capolavoro.

La storia si apre in Somalia, con i soliti musulmani cattivi che tengono in ostaggio degli ostaggi. A salvare i poveri occidentali arriva un commando formato dalla creme dei più duri personaggi che abbiano mai calcato uno schermo: Jason Statham, il Turco di the Snatch, un patito di lame e coltelli assortiti, il wrestler Randy Couture, che sa usare le mani a modo per picchiare i cattivi di turno, Jet Li, il cinese e per questo sfottuto per tutta la durata del film, Terry Crews, la quota nera e demolitrice del gruppo e Dolph Lundgren, il vichingone indistruttibile, ma drogato e perciò malvagio. Il capoccia della situazione è ovviamente sua maestà Sly, mai visto così sfatto e anziano, anche se ciò non gli impedisce di fare una discreta mattanza di chiunque gli si pari di fronte. I somali sono spacciati già in partenza e come da copione vengono annichiliti in pochi secondi, ma a Lundgren, che è “strafatto”, viene voglia di impiccarne uno e viene prontamente riportato alla ragione dal buon Sylvester a suon di mazzate.

Tornati nella terra della democrazia, ai mercenari viene procurato un lavoro dall’amico, nonché tatuatore di fiducia, Mickey Rourke; per discutere del contratto Sylvester si incontra in una chiesa con Bruce Willis, che dice di star aspettando un altro interessato. Si apre qui una delle scene più magistrali della storia del cinema: dalla porta entra Schwarzenegger, vecchio amico nella finzione e nella realtà di Stallone. I dialoghi dei 5 minuti successivi sono tutti da sentire: in sostanza il lavoro consiste nell’uccidere il generale/dittatore della solita isoletta “nel golfo”. Arnold cortesemente rifiuta dicendo di avere molto da fare e se ne va: quando Bruce chiede il perché di tutto questo da fare, Stallone risponde “vuole diventare presidente”. Sublime!

Stallone e Jason Statham partono alla volta dell’isola per fare un sopralluogo: vedono la triste dittatura legata alla coca che ogni stato sudamericano che si rispetti possiede e incontrano il proprio contatto, ovviamente una figa da far paura e figlia del generale di cui sopra. La cosa degenera, i nostri vengono scoperti e nella fuga dall’isola i due passano il tempo facendo saltare ogni cosa gli sbarri la strada. La bellezza, però, non vuole lasciare il proprio paese e viene catturata dai militari, che sono al soldo di un misterioso americano pieno di dollaroni fruscianti. Sylvester scopre che il tizio in questione è un ex agente CIA, ora in combutta col dittatore per il traffico di coca, e Bruce Willis, anche lui dell’agenzia, li ha ingaggiati per uccidere lui, e non il generale.
Stallone inizialmente decide di lasciar perdere, ma il dilemma morale si dibatte nel suo palestrato cuore. Mentre Sylvester riflette in macchina assieme al Jet Li, che per tutto il film non fa che chiedere più soldi e compiangersi per il fatto di essere piccolo, viene attaccato da Lundgren, passato al nemico, in quanto precedentemente escluso dalla squadra causa “essere sempre fatto”. Seguono botte da orbi fra Svezia e Cina e, quando sembra che Jet Li abbia ragione sul fatto di essere troppo piccolo, Sly spara al vichingo, facendosi poi rivelare chi lo abbia mandato. Il dubbio rode Stallone, che chiede consiglio a Mickey Rourke sul da farsi, e quest’ultimo si dilunga forse troppo su un monologo un tantino troppo melenso. Ma si torna presto al sangue e alle esplosioni, con tutta la squadra unita attorno al boss e decisa a salvare la donzella e far saltare quanti più edifici possibili. Infiltrati nella villa del generale, il gruppo si trova chiuso dalle guardie nelle prigioni dove è rinchiusa la figlia e a Sylvester tocca fare a botte con lo sgherro del boss, l’ex wrestler e uomo tutto collo, “Stone Cold” Steve Austin. Arriva ad aprire letteralmente la strada attraverso i nemici Terry Crews, con un fucile disumano in grado di disintegrare le persone e far esplodere le torrette. I nostri fanno quello che si erano prefissi, radendo al suolo tutto nel raggio di 10 km, un’ecatombe di rara devastazione, che ricorda i bei tempi di Commando, e si arriva alla classica scena finale, con il cattivone che tiene in ostaggio la pulzella (“se fai una mossa le faccio saltare la testa” etc). Purtroppo il malcapitato non sa contro chi si è messo e defunge crivellato di colpi e con una coltellata nello sterno.
Alla fine la democrazia è restaurata sull’isola e il commando torna felice a casa per scolarsi litrate di birra facendo giochi da macho, assieme al redivivo Lundgren, che non è morto e si è redento.

Ora, una recensione seria lo valuterebbe come un film mediocre, l’ultimo colpo di coda di attori avanti con gli anni, in cerca di nuovo successo come nei gloriosi anni ’80. Ma se vi piacciono i cari vecchi action movie, dove l’eroe, a dispetto di tutto, finisce con uccidere chiunque, salvare la donna in ostaggio, esportare la democrazia e nel frattempo dire frasi che più toste non si può, siete davanti al non plus ultra. Stallone scrive e dirige una storia meravigliosa nella sua banalità e ridà spolvero a un genere di cui si sentiva la mancanza, assieme a tanti amici di una volta. L’unico rammarico è vedere la lista di quelli che potevano esserci, ma si sono rifiutati, fra cui Steven Segal e Jean Claude Van Damme, solo per citarne alcuni. Grazie Sylvester!

Voto: 7/10
Voto Trash: 9/10

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