martedì 26 ottobre 2010

Recensione film Scusa ma ti chiamo amore

Scusa ma ti chiamo amore
Di Federico Moccia (2008)

Se qualcuno pensa che l’Italia stia andando a rotoli, gran parte della colpa di ciò è da attribuirsi a Federico Moccia. Dopo il successo, a mio parere immotivato, dei primi film tratti dalle sue opere, in cui dovrebbe essere rappresentata la vita dei giovani, o meglio dei gggggggiovani d’oggi, Moccia ci riprova, questa volta pure alla regia.

La storia è quanto mai banale: Alex, un Raul Bova probabilmente a corto di denaro, è un pubblicitario quasi al traguardo dei quaranta, in profonda crisi, in quanto lasciato dalla futura moglie. Niki è una ragazzina diciassettenne della Roma bene, che vive la sua vita da liceale assieme alle proprie amiche del cuore, le O. N. D. E., dalle iniziali del nome di ognuna (Olly, Niki, Diletta, Erika). E già qui potreste benissimo spegnere la TV. Ma continuiamo sulla strada del martirio.

Per tirare su un prostrato Alex, uno dei suoi attempati amici decide che non c’è niente di meglio di un festino a base di modelle russe e cocaina per tirargli su il morale. La cosa degenera, in quanto un collega di Alex pippa per la prima volta e si sente male, con conseguente imbarazzo generale e cazziata dei carabinieri. Il giorno seguente Alex si scontra con il motorino di Niki, che sta andando a scuola non curandosi minimamente della strada. La colpa la prende inaspettatamente Raul Bova, che in questo film ha la forza di volontà di un tapiro morto, tanto che è costretto ad accompagnare la petulante ragazzina, nonostante sia in palese torto. Una volta in ufficio e nel mezzo di una riunione importantissima, squilla il cellulare e Alex, ormai dichiarato morto cerebralmente, accetta di andare a prendere Niki all’uscita del liceo. Non bastasse altro, al nostro zerbino umano tocca pure offrirle un frullato, andare al deposito per riprendere l’auto, parcheggiata in divieto di sosta su lungimirante consiglio di Niki, e prendere pure una multa sull’autobus, causa mancanza biglietto. Ora, un adulto normale sarebbe ampiamente autorizzato a prendere a selciate la molesta adolescente, ma non Raul, che è un uomo integerrimo.

Infatti il giorno dopo ritorna a prendere a scuola la cara Niki e, non pago, l’accompagna sino a Fregene per la sua lezione di surf sulle immani onde del Tirreno. È qui che il pedofilo che è in Alex si risveglia, grazie a uno dei baci meno spontanei della storia, scambiato sul bagnasciuga di un bagno a caso. Dopo di ciò la ninfomane non ancora diciottenne si fa invitare a casa di Raul, dove verrà consumato del sano sesso con minorenni. Alex ormai è completamente in balia di Niki e i due si cominciano a frequentare, nello stupore degli amici di lui, che trovano ingiusto che solo Raul si possa fare le adolescenti, e di lei. Purtroppo nella vita tocca lavorare per mantenere una casa a Roma nord: c’è da vincere una gara per trovare uno slogan di una sospetta caramella giapponese.

Una notte, notando quanto siano dolci le posizioni completamente irreali che assume la ragazzina quando dorme, Alex ha l’illuminazione. Le foto di Niki hanno un successo strepitoso con i giapponesi, risaputi amanti della pedofilia, e vengono appese per tutta Roma. Ma l’idillio è interrotto dall’incidente di una delle amiche di Niki, Diletta, che si va a schiantare con la propria macchinina 50 contro non si sa che cosa alla terrificante velocità di 45 km orari. La ragazza riporta una serie di traumi devastanti e le amiche, ormai quasi alla maturità, la assistono giorno e notte, cantandole pure “Più bella cosa” di Ramazzotti, cosa che da sola sarebbe bastata a procurarle danni ben più seri. Nel frattempo assistiamo la sequenza più esilarante del film, quando, in una ridicola discoteca pomeridiana, il povero Raul è malmenato dall’ex di Niki, il figlio di Vasco Rossi, che definire un cane sarebbe un complimento.

Diletta si risveglia dal coma, pronunciando come prima parola “gnoseologia”, e le amiche irritano tutto l’ospedale per la gioia; ma il male è dietro l’angolo, in quanto l’ex di Alex ritorna e, essendo lui un protozoo, decide che la storia con Niki è finita, tralasciando quel piccolo particolare di essere stato piantato sull’altare. Ma sono cose che capitano.

Grande crisi, grandi pianti, maturità e successive vacanze in Grecia per lei, banalità e incontri mondani per lui, che si rende conto di aver fatto una cazzata e, in un moto di orgoglio, lascia la fidanzata, scoperta ad essere ritornata solo per i soldi. Il tutto termina col trionfo dell’ammmmmore, con i due che si ritrovano su un faro a coronare il loro sogno di stare insieme 4ever and ever, su uno sfondo da cartolina melenso fino al diabete.

Federico Moccia dovrebbe essere processato per questo obbrobrio: fregiandosi del titolo di narratore della realtà degli adolescenti di oggi, questo mentecatto si inventa di sana pianta un mondo completamente irreale, dove tutti sono ricchissimi, frequentano i locali più chic e vestono solo capi firmati, di cui fra l’altro si fa una pubblicità al limite della denuncia. Al tutto si aggiungono delle prove d’attore imbarazzanti, soprattutto per quanto riguarda la protagonista femminile, e delle fastidiose frasi da cioccolatino, inserite dalla voce narrante in punti a caso del film. Insomma se volete farvi quattro risate potete pure vedervi questa cafonata, altrimenti tenetelo lontano dalla portata dei bambini. Potreste ritrovarvi suoceri di Raul Bova.

Voto: 2/10
Voto Trash: 8/10

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